Banche
Quaderno AIAF
n. 144
La disclosure dei rischi nelle primarie banche europee: un primo assessment del terzo pilastro di Basilea 2
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La disclosure dei rischi nelle primarie banche europee: un primo assessment del terzo pilastro di Basilea 2

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Categoria:

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Argomenti

Banche

Anno

2009

Gruppo di lavoro:
Aiaf
Financial Innovations SIM S.p.A.

Rosalba Nigro (coordinatore), Financial Innovations SIM S.p.A., Socio Aiaf
Andrea Baglioni, Financial Innovations SIM S.p.A.
Andrea Giacomelli, Università Ca’ Foscari Venezia, Financial Innovations SIM S.p.A.
Elisa Coletti, Intesa Sanpaolo S.p.A.
Ivano Francesco Mattei, Banco Popolare Soc. Coop., Socio Aiaf
Luca Pighi, GE Capital Finance S.p.A., Socio Aiaf
Monica Ippolito, BNP-Paribas, Socio Aiaf

 

PREMESSA:
le motivazioni e gli obiettivi della survey

La valutazione dell’equity non dovrebbe essere svolta solamente in base agli obiettivi aziendali attesi, ma anche in base al grado di raggiungibilità degli obiettivi e quindi del rischio, inteso come potenziale scostamento dei risultati dagli obiettivi stessi. A parità di risultati attesi, infatti, è il loro diverso grado di raggiungibilità a differenziare il valore dell’equity.

Dal punto di vista metodologico, la conoscenza del rischio svolge quindi un ruolo chiave nella corretta valutazione dell’equity. Questo contesto è finora sempre stato solamente di natura teorica: per applicare i principi sopra enunciati infatti ci si scontra con la carenza di informazione pubblica strutturata sui rischi. Per l’analista che vuole muoversi secondo questi principi si pone il problema di individuare quali fonti informative utilizzare e secondo quali modalità analizzarle per poter effettuare una valutazione strutturata, anche in termini comparati, del profilo di rischio dell’azienda d’interesse.

Oggi però è arrivata un’importante novità che riguarda l’informazione pubblica standardizzata sui rischi, in quanto dal 2008 le banche sono tenute a produrre l’informativa al mercato richiesta dal cosiddetto terzo pilastro di Basilea 21.

L’introduzione del terzo pilastro è stata interpretata come un primo potenziale passo concreto verso la definizione e la produzione di standard informativi sui rischi che potrebbero portare a rendere effettivamente applicabile l’integrazione di misure formali di rischio nella valutazione dell’equity. Infatti il terzo pilastro, pur costituendo un documento informativo sui rischi circoscritto al settore bancario, offre un punto di partenza concreto da cui trarre spunti che potrebbero essere poi generalizzati ad altri settori e tipologie di imprese. In particolare, quello bancario rappresenta il settore potenzialmente più all’avanguardia per studiare la disclosure relativa al complesso dei rischi d’impresa, sia sotto il profilo della qualità delle informazioni fornite, sia per quanto attiene la confrontabilità trasversale delle stesse.

Le banche, infatti, appartengono ad un settore regolamentato nel quale la Normativa di Vigilanza impone metodi standard e richiede approfondimenti informativi strutturati sul complesso dei rischi. Il terzo pilastro, in particolare, è definito nelle sue linee guida a livello internazionale e rappresenta quindi un primo strumento potenzialmente omogeneo per classificare e quantificare i rischi attinenti le banche di diversi paesi, consentendone la comparazione. Sulla base delle considerazioni di cui sopra, il presente lavoro è finalizzato ad approfondire la conoscenza del terzo pilastro sottoponendo ad un’attenta analisi i suoi contenuti.

Tale analisi dovrebbe consentire di capire fino a che punto il terzo pilastro può costituire un esempio di informazione omogenea sui rischi disponibile pubblicamente. Si tratta di un primo ma decisivo passo nella direzione di risolvere il problema informativo sui rischi che sta alla base della possibilità di introdurre tale dimensione nell’ambito della valutazione dell’equity. Il presente lavoro si pone pertanto come primo obiettivo quello di diffondere la conoscenza sul terzo pilastro quale nuovo strumento informativo pubblico e standardizzato sui rischi delle banche.

Il secondo obiettivo consiste nell’identificare, tramite una survey dell’informativa diffusa dalle principali banche europee, quali sono le tipologie di rischio comunicate dalle banche e quali sono le informazioni fornite per ognuno di essi rispetto a ciò che è richiesto dalla normativa di Basilea 2 sul terzo pilastro.

Il terzo obiettivo della survey consiste nel valutare la completezza e l’approfondimento del contenuto delle informazioni fornite.

Il quarto obiettivo consiste nel cercare di offrire una prima risposta alla domanda se il terzo pilastro riesce ad introdurre uno standard di riferimento e quindi permette l’omogeneità che rende praticabile un confronto tra i rischi delle diverse banche. Risulta infatti importante indagare se le informazioni, per quanto presenti, siano esposte in modo diverso da banca a banca (anche a causa delle differenze nelle normative di recepimento dell’Accordo di Basilea 2 nelle singole legislazioni nazionali) e se quindi non sia attuabile un confronto su basi omogenee.

Quest’ultima circostanza, infatti, limiterebbe la possibilità di considerare il terzo pilastro una fonte informativa sulla quale cominciare a fondare metodologie di valutazione della volatilità dei risultati attesi e, di conseguenza, di valutazione dell’equity in base ai rischi derivanti dal business delle banche.

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