€15.00
Strumenti finanziari
2006
Gruppo di lavoro: Aiaf – Financial Innovations Rosalba Nigro, (coordinatore) Consulente indipendente, Socio Aiaf (resp. gdl “IAS 32 e 39 e loro impatto sugli Istituti finanziari”) Antonella Sigismondi, Financial Innovations S.p.A. Cesare Conti, Professore associato di finanza aziendale presso l’Università Bocconi di Milano Dario Colombo, Amministratore GDA Revisori indipendenti S.p.A.. Dottore commercialista, Membro del C.D.Aiaf Emanuele Facile, Financial Innovations S.p.A. Giampaolo Trasi, Direttore Research Banca IMI, Presidente Aiaf Giorgio Zancan, Banca Akros S.p.A., Membro del C.D. Aiaf Paolo Fiorio, Banca Akros S.p.A
INTRODUZIONE di Giampaolo Trasi Lo sviluppo recente del mercato dei derivati1 è senza precedenti: secondo i dati della BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali), a fine 2005 il valore nozionale dei derivati OTC (over the counter) sfiorava, a livello mondiale, i $300.000 miliardi, pressoché triplicato rispetto a fine 2001.
La diffusione nell’utilizzo dei derivati, associata alla loro crescente complessità, solleva numerose questioni: dal trattamento contabile, al grado di trasparenza dei bilanci societari, ai rapporti negoziali sino alla tutela degli investitori. Sulla prima delle questioni indicate si è concentrata, negli ultimi anni, l’attenzione sia delle autorità di vigilanza europee sia delle associazioni di categoria dei soggetti che operano sui mercati finanziari. Motivo: la discussione sui nuovi principi contabili internazionali IFRS la cui entrata in vigore, a partire dall’esercizio 2005, ha segnato un punto di svolta nella rappresentazione in bilancio dei derivati per un nutrito numero di società europee, in generale, ed italiane in particolare.
L’individuazione dello scopo per il quale tali strumenti sono stati acquistati e detenuti, associata ad una valutazione coerente rispetto al loro scopo, appare, in linea di principio, un significativo miglioramento rispetto alle poche norme contabili precedentemente applicate in materia nel nostro paese. Importante è stata anche l’introduzione dell’obbligo per le imprese di esporre, in nota integrativa, un’ampia informativa in merito ai rischi finanziari, di mercato, d’interesse e di credito che l’impresa deve fronteggiare e le scelte relative alla loro copertura.
In tale contesto ha preso le mosse, nella seconda metà del 2005, la ricerca condotta da Financial Innovations ed Aiaf, il cui obiettivo è stato quello di fornire al mercato un primo strumento di misurazione del grado di disclosure4 delle attività in derivati, così come rappresentate nelle relazioni di bilancio, alla luce delle normative introdotte dal recepimento nazionale degli IAS 32 e 39.
È stata analizzata, attraverso un campione di blue chips italiane non finanziarie, la rappresentazione che le imprese hanno dato della loro posizione in derivati, dapprima attraverso l’analisi dei bilanci intermedi del 2005 e, successivamente, attraverso i bilanci annuali 2005.
I risultati della prima fase di analisi furono presentati in un Incontro Soci Aiaf lo scorso Febbraio 20065, mentre il presente Quaderno fornisce evidenza del lavoro svolto sui bilanci 2005, i primi che incorporano integralmente ed obbligatoriamente i nuovi standard contabili. Con quali modalità le imprese italiane si sono conformate alla nuova disciplina contabile e in che misura i bilanci aziendali, e di conseguenza i loro utilizzatori finali, se ne sono avvantaggiati, in termini di maggior trasparenza sul tema dei derivati?
L’esigenza primaria è, e rimane, quella di una sempre più corretta ed efficace rappresentazione in bilancio dei derivati, non solo da un punto di vista tecnicocontabile, ma anche delle strategie e delle politiche aziendali che ne hanno determinano l’impiego. Infatti, riteniamo che la qualità di questa rappresentazione, aldilà degli adempimenti di legge, sia oggi un elemento cruciale per la valutazione dello stato di salute di un’impresa e, dunque, un elemento competitivo fondamentale per affrontare i mercati, sia sotto il profilo del core business, sia, in prospettiva, di quello della valutazione del merito di credito, influenzando le condizioni a cui un’azienda può ricorrere al mercato dei capitali. L’elaborazione della ricerca ci ha permesso di evidenziare una situazione che presenta ancora dei limiti in termini di corretta ed efficace rappresentazione in bilancio del rapporto fra rischi d’azienda e strumenti derivati utilizzati a copertura di quei rischi.
L’esistenza di queste carenze informative non è imputabile per intero alle imprese, che pur avendo dimostrato di aver affrontato con impegno il lavoro di adeguamento agli IFRS non sono riuscite ad andare oltre l’applicazione formale delle nuove prescrizioni tecnico contabili.
Gli IFRS possono portare, infatti, ad una asimmetria informativa tra gli strumenti derivati, ora molto “visibili” in bilancio, e l’esposizione ai rischi d’azienda, per sua natura difficile da interpretare e da documentare contabilmente. La soluzione al problema consiste, a nostro avviso, nella produzione di un’informativa integrativa che si conformi “per eccesso” al dettato degli IFRS e fornisca maggiori e più chiare indicazioni sui drivers economici che guidano il processo di risk management e l’utilizzo dei prodotti derivati.
In particolare, riteniamo opportuno sottolineare che la disclosure di tipo quantitativo dovrebbe essere migliorata, per permettere agli utilizzatori finali dei bilanci di capire qual è il contributo che la gestione dei rischi finanziari dà al risultato di periodo. L’interesse suscitato fin dalla prima edizione della nostra ricerca, non solo fra gli analisti finanziari, ma fra tutte le categorie coinvolte (aziende, autorità di vigilanza, tecnici contabili, accademici, istituti di credito, ecc.) ci conforta nell’idea che indagini di questo tipo rispondano a esigenze informative diffuse anche se non chiaramente espresse.
Per questo intendiamo riproporre la ricerca anche sui prossimi bilanci annuali, creando un “osservatorio permanente” sul fenomeno.