Scrive Davide Grignani
Perché a fronte di un aumento delle categorie di azioni, si assiste ormai a un inevitabileaumento della complessità del mercato dei capitali. Il ruolo dell’Europa e degli espertisecondo Davide Grignani, presidente Aiaf, Associazione Italiana per l’Analisi FinanziariaIl dibattito originato dal ddl 674, in particolare sulle nuove categorie di azioni, ha raggiunto punti di intensità e profonditàtali da non poter non riguardare Aiaf, standard setter nazionale per i professionisti dell’analisi finanziaria, da sempreattenta alla comprensione del valore delle diverse asset class e impegnata nell’applicazione domestica della cornicenormativa europea (Capital Market Union e Retail Investor Strategy). Ed è naturale quindi che il nostro parere riguardiesclusivamente l’ambito dell’analisi finanziaria al servizio della valutazione.In generale, quando entrano in gioco nuove categorie di azioni o titoli queste devono essere prese in considerazione per ilvalore effettivo creato per azionisti e stakeholder, comprendendo diverse categorie di soggetti portatori di interessi,anche divergenti: le grandi società quotate, gli intermediari finanziari, le borse, gli investitori istituzionali e privati, le Pmi, ilfisco, i contribuenti e la Pa, e soprattutto l’economia reale del Sistema Paese.Ed è evidente come a fronte di un aumento delle categorie di azioni (ricordiamo a questo proposito le azioni di risparmioe privilegiate cadute in disuso dopo alcuni decenni di parziali fortune) si assista a un inevitabile aumento dellacomplessità del mercato dei capitali, fenomeno che l’Unione europea sta cercando di arginare per renderlo piùcompetitivo nei confronti dei competitori Usa e asiatici.In questo contesto evolutivo il ruolo dell’analista finanziario è chiaro. Se domanda e offerta di azioni si devono incontrare,sempre più e sempre meglio, sui mercati quotati (mercato secondario per quanto riguarda la liquidità e primario disottoscrizione per quanto attiene lo strumento dell’equity finance) allora la comprensione della complessità e inparticolare degli impatti dell’introduzione di azioni a voto plurimo o maggiorato risulta centrale. In questo senso la letturadel provvedimento in chiave di promozione dell’accesso e della permanenza delle Pmi italiane in Borsa, coniugata con iprincipi di tutela delle minoranze e di contendibilità per le società quotate di medio-grandi dimensioni, assume unarilevante valenza di sistema.A questo punto la sintesi politica nell’interesse superiore del Paese è necessaria: la Commissione e il Consiglio d’Europasono al lavoro da anni su frammentazione e granularità del mercato dei capitali che non hanno certo aiutato l’Europanella competizione e l’Italia non può esimersi dal considerare la propria produzione legislativa e normativa all’internodella Capital Market Union europea.Và quindi nella giusta direzione l’inserimento di “clausole di tramonto” perché si esauriscano nel tempo i diritti “rafforzati”dei soci-fondatori delle pmi neo-quotate man mano che il modus operandi del sistema delle Borse entra nel dnadell’impresa. Lo stesso vale per le grandi società già quotate (in particolare in presenza dei cosiddetti “noccioli duri” dicontrollo) dove appare opportuno l’inserimento di un periodo di “phase in” prima che entrino in vigore eventualimaggiorazioni di voto o classi di azioni non cedibili in quanto il mercato e gli analisti necessitano del tempo per“aggiustare” analisi e prezzi, testare ed eventualmente modificare i modelli valutativi, comprendere appieno gli impatti sugovernance, controllo e contendibilità.L’intero impianto del ddl 674 si propone quindi al dibattito per la sua centralità rispetto a una variegata serie di aspettitecnici sostanziali di grande portata strategica: giusta l’intenzione di non proiettare l’Italia all’inseguimento di altri Paesipiù aggressivi negli arbitraggi regolatori e fiscali nell’Unione europea e di costruire la leadership sul fronte dell’innovazionefinanziaria e regolatoria, giusti la cura e il passo lungo con cui vanno pesate le decisioni. Un quadro in cui l’analisifinanziaria indipendente può e deve dare un contributo alla comprensione “olistica” dei mercati per assicurarne la crescita.