A fine febbraio AIAF, l’Associazione Italiana degli Analisti Finanziari, ha presentato il proprio modello di cost of equity. “Si tratta di uno standard setting come già in passato AIAF aveva fatto su altri temi, dai coefficienti di rettifica azionari alle griglie per la riclassificazione dei bilanci consolidati – racconta ad ADVISOR PRIVATE Davide Grignani, presidente AIAF – L’Associazione si è impegnata nell’elaborazione questo modello molto importante con l’obiettivo di fornire un valore unico in Italia, ma anche presentare questa metodica innovativa a livello europeo alla nostra confederazione europea EFFAS”.
Perché è così importante questo nuovo modello? Si tratta di una metodica che innova pratiche già molto utilizzate in diversi contesti economico finanziari. In primo luogo, e storicamente, per il calcolo del fair value delle società, quindi da analisti, asseveratori e valutatori d’azienda, dai commercialisti, dai responsabili di finanza e pianificazione. L’ uso del Cost of Equity è infatti fondamentale per CFO e Head of Finance and M&A aziendali, per chi fa business plan e business model. A questi si è ora aggiunta anche la pubblica amministrazione: rientra infatti nelle attività di progetto di partenariato pubblico privato (il cosiddetto PPP), nei piani economici finanziari (i cosiddetti PEF) e di conseguenza inevitabilmente nei meccanismi di funzionamento corretto nel PNRR. Insomma, l’uso di questo parametro è uscito già da tempo dalle sale operative e si è ampliato a molti altri settori. Il rischio che AIAF ha voluto affrontare, è quello di un forte aumento della soggettività delle assumption a causa della aumentata complessità e volatilità economica e finanziaria, cioè delle ipotesi di base su cui i professionisti calcolano questo valore. E visto che basta leggere variazioni nelle assumption di base per ottenere risultati molto diversi tra loro, abbiamo visto il rischio di valori influenzati da eccessiva soggettività e quindi la necessità di fornire un benchmark utile allo scopo di garantire una sufficiente oggettività alle analisi.
Come vi siete mossi? Il progetto è stato impostato da AIAF e in particolare dai soci Luca Comi e Luca Francesco Franceschi, con la collaborazione dell’Università Cattolica e di Kroll, maggiore società di valutazione al mondo. Kroll ha fornito la banca dati delle serie storiche inferite dal Ftse Mib e continuerà a fornirla anche in futuro, rendendo quindi fruibile il modello di AIAF per tutti gli attori del mercato. Il valore del CoE così calcolato sarà quindi il valore di riferimento per la comunità economico finanziaria. L’obiettivo è renderlo un benchmark di riferimento non solo in Italia, ma anche in Europa: per questo motivo lo presenteremo presto anche all’EFFAS (European Federation of Financial Analysts Societies), l’Associazione europea di categoria.
E come funziona? Con un processo di reverse engineering abbiamo inferito dalle serie storiche dei mercati del Ftse Mib il Cost of Equity implicito scontato dalla Borsa. Quando si decide di usare il modello, il rischio sta nella estrema variabilità degli input che si inseriscono, dal risk free rate all’equity risk premium al tasso di crescita “g”. In questo modo, invece, per evitare numeri troppo “soggettivi”, dal prezzo si ricavano tutti gli elementi dell’equazione. In pratica partiamo dall’assumption teorica che il mercato dei calpitali sia efficiente: dai prezzi di Borsa ricostruiamo i valori di risk free rate, equity risk premium, alpha e beta. Le vicende finanziarie degli ultimi 15 anni, dalla grande crisi del 2008 ai QE, dai tassi negativi ai riacquisti di obbligazioni da parte delle banche centrali, non hanno stravolto l’intera formulazione di valori societari e la ricerca dei fair value? Tutte le crisi degli ultimi 20 anni hanno portato a una serie di market disruption che impattano sull’attendibilità dei fair value. La parte scientifica del nostro Position Paper introduce una serie di proposte tese a superare questi problemi. Ad esempio: ha senso parlare di risk free utilizzando i Btp o non è forse meglio utilizzare lo spread tra Bund e Btp? Dipende ovviamente dai ragionamenti sottostanti e dalle società per cui si utilizzano questi dati. Con metodologie e criteri per il calcolo del tasso di crescita “g”. Diamo delle idee e spunti di ulteriore ricerca su come tornare ad avere modelli più robusti.
Quali sono le altre iniziative di AIAF? Abbiamo al vaglio le proposte comunitarie di Capital Market Union (CMU), di Borsa Unica Europea (BUE). Puntiamo a essere un’associazione che diventi centrale nel mondo economico e finanziario italiano. In questa direzione vanno le nostre crescenti partnership con le università: aprire l’associazione agli studenti e avere al tempo stesso input e ritorni anche per i nostri Soci, con una produzione scientifica anche congiunta. L’analista finanziario risk based deve avere accesso a una formazione continua e avere uno standard qualificato e aggiornato. L’obiettivo è creare un anello trasversale e interdisciplinare tra AIAF, operatori finanziari ed economici, la PA e le università.
Il position paper di AIAF
Il position paper di AIAF- AIAF Model Of Cost of Equity – ha lo scopo di delineare un’impostazione metodologica che consenta di estrapolare il costo del capitale dalle valutazioni correnti espresse dal mercato azionario, elaborando così un apposito modello finanziario. Il principale riferimento della prassi professionale per il calcolo del costo del capitale azionario è rappresentato dal Capital Asset Pricing Model (“CAPM”) di Markowitz e Sharpe e implica la stima puntuale di tre parametri: il tasso di rendimento delle attività prive di rischio (Free Risk Rate), il premio per il rischio dell’investimento nel mercato azionario (Equity Risk Premium) e il coefficiente di rischio sistematico (il Beta). L’ultimo fattore da stimare è il parametro “g”, utilizzato per le fasi successive al periodo di previsione esplicita, o al valore terminale del modello DCF. Il modello AIAF si propone di calcolare il premio per il rischio azionario e il costo del capitale implicito nelle quotazioni correnti di mercato attraverso il cosiddetto reverse engeenering applicato al Dividend Discount Model e al Residual Income Model. L’obiettivo è fornire una misura, aggiornata con cadenza almeno semestrale, di un parametro chiave per la valutazione aziendale – utile come termine di confronto per tutti coloro che si occupano professionalmente del tema – attraverso l’applicazione di un modello semplice, ma chiaro nell’esplicitazione dei parametri e delle meccaniche di calcolo. Nel sito internet di AIAF è possibile trovare il position paper con i dettagli del modello.